Il famoso e spesso disconosciuto “Fattore C”

In fotografia il “Fattore C” è solitamente indicato per descrivere un’immagine sostanzialmente creata con l’aiuto del caso. L’accadimento è molto più frequente di quanto si possa immaginare e, nella fattispecie, il “fattore” non è mai dequalificante, tutto al più può aver costituito un importante componente.

La pura casualità in uno scatto può ripetersi, ma non sempre è così immediatamente riconoscibile e poi difficilmente è ammessa dal fotografo.

Nella pratica sono molte le possibilità che una foto derivi o possa essere stata fortemente influenzata da accadimenti imponderabili; quantunque siano frutto di combinazione di elementi e di letture inconsce presenti e radicate nell’intimo di chi la scatta.

Di norma nel reportage il fotografo fa una lettura di scene si oggettive, ma che spesso si associano ad occasionalità legate al mutevole: trovarsi in un dato momento in un certo posto, con la giusta carica, mentre succede o non succede qualcosa.

Anche osservare o prevedere un avvenimento o una semplice azione ripetuta, scegliendo tempi, punto di ripresa, ottica e diaframma, vedono irrompere con prepotenza una componente casuale.

Per non parlare dei casi inebrianti, di quelli che generano quella certa ipnosi creativa che porta ad abbandonare ogni regola. Confessi chi non si è ubriacato fotograficamente almeno una volta.

Nello “street” capita che il riconoscimento immediato di una scena lungamente sperata, magari già vista in riproduzioni di affermati autori, possa consentire di realizzare foto idealizzate, cercate lungamente nel tempo. Quasi mai però il risultato è scontato e ripetibile, perché difficilmente si andrà a creare una copia identica di uno scatto famoso. Nel nostro scatto ci sarà sempre qualcosa di casuale, diverso, personale.

L’immagine non banale e comunque degna di attenzione può nascere anche in foto di studio se fortemente influenzate dallo stato d’animo temporaneo di chi fotografa e/o della modella; la condizione psicofisica di chi è in campo talvolta induce occasionalmente a originalità sperimentali e imprevedibili che illuminano e aprono nuovi orizzonti creativi.

Nel reportage o nelle foto d’azione, poi, talvolta l’intuizione di un’idea, è costituita da un insieme di elementi leggibili che inducono a immaginare ciò che corrisponderà di lì a poco al vero. Altre volte dei piccoli e voluti artifizi aiutano a creare qualcosa che si allontana dal reale, ma difficilmente potrà dirsi che una foto è stata completamente costruita, perché vi saranno sempre elementi fortuiti imponderabili, combinati o collegati, non ultimo l’intuizione legata allo stesso momento di scatto.

Con le attrezzature moderne, spesso si punta su scelte tecniche e possibili opzioni non sempre governabili, in parte anche casuali se legate al settaggio semiautomatico della macchina fotografica in uso, all’angolo di ripresa, al valore di ISO selezionato a monte e quant’altro. Concentrarsi nel cercare di catturare un’azione impone peraltro e sempre più alla rinuncia di operare in “manuale”, puntando molto, con ciò, nella fortuna. Accade anche nelle foto di paesaggio, quando eventi atmosferici molto mutabili innovano continuamente particolari e temperature del colore, squarci nel nuvolo generano ombre improvvise e imprevedibili o fugaci coni di luce.

Quante volte ci si trova anche in balia delle bizzarrie del vento che spinge le vele all’estremo, variegandole; e magari d’improvviso si creano forme stranissime che restano fissate in una foto unica. E’ vero che il “mestiere” aiuta, ma molto spesso è il caso che domina. Anche se esperienze affinano l’intuito e talvolta aiutano a prevedere, lo scatto di una fotografia rimane il congelamento di un momento che non consente riprova.

In vena di creatività a volte nel reportage si scelgono settaggi orientati a scatti estremi, con abbinamenti che comunque non assicurano certezze sul risultato, bensì possibilità che possa accadere un qualcosa che solo s’immagina o si spera.

In altre occasioni, magari nel paesaggio urbano, l’apparizione di un’automobile, un bus o un ciclomotore di marca o i colori di dettaglio nei particolari associati all’ambiente, arricchiscono e creano un piacevole insieme imprevedibile che attira l’attenzione dell’osservatore.

Come pure la tinta in un caseggiato, in panni stesi, in una bandiera che sventola, in una scritta sul muro, o la presenza di un vetro sporco che imprevedibilmente appanna una visuale, o la riflessione di una immagine in un semplice specchio (fatto da una casuale chiazza d’acqua di una pioggia passata).

Spesso ci muoviamo con occhi che vorrebbero possedere le molteplici visuali di una mosca, ma le nostre visioni restano parziali e negli scatti finali molto va al caso che si manifesta spesso anche in postproduzione.

Confessiamo, quante volte ci è capitato di leggere a posteriori dettagli non visti in fase di ripresa? Con elementi che potevano apparire di disturbo ma che si rivelano importanti nell’arricchimento dell’insieme.

Possiamo dire che la fotografia di regola, come tutte le forme d’arte, consente di fissare con raziocinio e metodo l’attimo fuggente; ciò che registriamo attraverso il mezzo che abbiamo in uso sarà sempre anche frutto della nostra mente, filtrato attraverso la cultura e la sensibilità che c’è differente in ciascuno di noi, ma sarà anche un pò frutto dell’alea che accompagna ogni cosa.

E poi, dulcis in fundo, c’è anche il fotografo “baciato”, quello vero, colui che ha quel quid in più che gli consente una creatività/reattività naturalmente superiore: l’eletto, costituisce l’eccezione che rimane fuori da qualunque schema, grazie agli elementi “speciali” connaturati nel suo fortunato DNA.

Per concludere, se osserviamo bene scopriremo che sono tanti  i “Fattori C” presenti in fotografia; in piccolo anche nelle nostre e, nel caso dei più avvezzi e fortunati, non resta quindi che procedere a un confronto e misurare il diametro in ciascuna, per trovare così quello che, nel tempo, si è casualmente maggiormente palesato!

© ESSEC
 
 

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